II di Avvento

4 dicembre 2022

 

A cosa servirebbe la voce senza qualcuno che la ascolti? Domanda retorica. La voce del Battista, che grida nel deserto e invita alla conversione per preparare la venuta del Signore, giunge anche alle nostre orecchie e al nostro cuore. C’è differenza infatti tra il sentire e l’ascoltare: ciò che si sente resta al puro livello delle orecchie, ma subito si dimentica, come il rumore del traffico, la sirena di un antifurto, il chiacchiericcio di un gruppo di persone o le parole poco importanti di qualcuno; l’ascolto, invece, porta ciò che sentiamo dall’apparato uditivo al cuore e al cuore giunge quella parola che segna particolarmente la nostra vita. Non è un caso che molte parole le abbiamo già dimenticate, mentre altre le ricordiamo ancora.

Così può avvenire in classe: ogni studente non può limitarsi a sentire ciò che l’insegnante trasmette, ma ha bisogno di ascoltare per calare dentro di sé le nozioni importanti che gli permettono di imparare un concetto. Ecco allora la necessità del silenzio, perché l’alunno sia concentrato ad ascoltare, per accogliere l’istruzione e crescere sempre di più in sapienza.

Il profeta Isaia, parlando del Messia, che chiama germoglio della radice di Iesse, ci annuncia come su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore; e più avanti aggiunge: perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare.

Abbiamo bisogno che lo Spirito di intelletto e di conoscenza apra il nostro cuore all’ascolto non più della voce del precursore, ma della Parola di Dio, fatta carne in Cristo. Per ascoltare la Parola del Signore abbiamo bisogno di metterci in atteggiamento silenzioso.

Spesso, quando preghiamo, abbiamo l’urgenza di dover dire qualcosa, sentiamo dentro di noi come un imbarazzo se ci presentiamo davanti a Dio senza dire nulla, ci sembra inutile una preghiera fatta di silenzio. Torniamo allora per un momento a scuola ed entriamo in classe: guardiamo alle sedie ben disposte nell’aula; su di esse si siedono gli alunni dopo aver accolto e salutato l’insegnante – forse è una pratica ormai in disuso, purtroppo, perché anche il farsi trovare in piedi è un segno di profondo rispetto, non solo per l’insegnante stesso, ma per il sapere che dall’insegnante viene profuso e non sarebbe male che anziché trovare il caos, il docente trovasse l’ordine e il rispetto – ebbene, dopo aver accolto e salutato l’insegnante, gli studenti si accomodano, cioè si mettono comodi per ascoltare l’insegnamento che viene loro donato e che farà di loro uomini e donne sapienti.

Non è forse la stessa cosa che facciamo quando entriamo in chiesa? Predisponiamo il nostro cuore all’ascolto della Parola del Maestro, Cristo, e ci mettiamo comodi perché la sua parola non sfugga alle nostre orecchie e dalle nostre orecchie passi al cuore. Abbiamo bisogno di imparare a pregare ascoltando, mettendoci anche nella modalità silenziosa di chi accoglie; infatti difficilmente una persona che è abituata a parlare in continuazione, diventando anche logorroica, riuscirà ad ascoltare il suo o i suoi interlocutori. La preghiera dunque non è un monologo dell’uomo, ma un dialogo tra il Signore e l’uomo, tra il Maestro e il discepolo, ma perché il discepolo impari bisogna che si disponga all’ascolto anche attraverso una preghiera silenziosa.

Una santa veronese nata alla fine del XVIII secolo e vissuta in diverse città dell’Italia settentrionale, tra le quali la nostra Bergamo, fondando l’istituto delle suore Canossiane, ha compreso che la sua vita non poteva essere pienamente cristiana senza mettersi in ascolto di Dio e del prossimo. Questa santa è Maddalena della nobile famiglia dei Canossa. Ella è un po’ come Maria, sorella di Marta, che ha compreso che tutto il bene che possiamo fare è nulla se non parte dall’ascolto di Dio. Scriveva: “Non v'è dubbio esser talmente concatenato l'oggetto primo col secondo (l’amore verso Dio con l’amore verso il prossimo), che poco o niente si porterebbe frutto nel prossimo quando si mancasse all'Oggetto primo, perché, come dice S. Paolo, inutile sarebbe il Martirio senza la carità, cioè l'amore verso Dio, [senza] la Sorgente e la Sostanza della Santità. […] E se per quanto corrispondiamo al Signore, pure passando le divine Grazie al nostro prossimo attraverso le nostre mani, che sarebbe se chiudessimo la strada alla Divina Sorgente? Chi non arde non incendia, di qual fuoco avremo bisogno noi per istruire, educare, consolare e conversare col prossimo nelle sante opere di carità?”. Insomma, Maddalena di Canossa ci insegna che ogni nostro gesto di bene non può che venire da una fede profonda nel Signore, sommo Bene, che non è altro che ciò che il Signore ha cercato di fare imparare a Marta, indicando la parte migliore scelta dalla sorella Maria, quella del silenzio che si fa ascolto.

Non crediamo allora alle parole di chi sostiene che l’importante non è pregare, ma fare del bene; pensiamo piuttosto che prima di fare il bene abbiamo bisogno di imparare a pregare ascoltando il vero Maestro, Cristo, Sorgente inesauribile di un bene che non porta a compiacere se stessi, ma ad amare Dio nei fratelli. E allora la nostra conoscenza di Cristo si espanderà e la conversione annunciata dal Battista per accogliere il Figlio di Dio, non sarà da noi inascoltata.