XVII del tempo ordinario A

30 luglio 2023

 

Cosa avranno capito gli apostoli quando Gesù chiese loro: «Avete compreso tutte queste cose?». Comprendere non è facile, ci vuole tempo e pazienza. Eppure il tempo non è molto e la pazienza spesso svanisce. Per capire bene le cose della vita non bisogna solo sperimentarle, occorre sì avere tempo e pazienza, ma anche la sapienza. Se il tempo fugge inesorabilmente e pensiamo di averne a non finire per sistemare tutte le nostre cose, ci accorgiamo poi che in un batter d’occhio passa, finisce e, mentre ne vorremmo ancora, la sabbiolina della clessidra termina la sua discesa; se la pazienza è ben coltivata e ci porta ad aspettare il momento più opportuno per fare le nostre scelte, rischia però di portarci a non deciderci mai a fare i passi decisivi, a uscire dai nostri gusci per affrontare la vita, anche le decisioni più spinose, quelle che vorremmo diluire nel tempo per evitarle il più possibile. Cosa serve allora per non perdere tempo e far sì che la pazienza né finisca troppo in fretta e nemmeno svanisca nel nulla? Serve, ed è urgente, la Sapienza, quella che ci permette di fare scelte sagge senza lasciarci prendere né dalla fretta, né dall’infatuazione.

Essere sapienti non significa necessariamente essere dotti, colti, ma avere il gusto delle cose belle e giuste della vita, avere sapore come ogni pietanza quando le viene aggiunto quel pizzico di sale che le dà gusto; al contrario resteremo insipidi, non avremo in noi la capacità di dare sapore alla nostra vita e alle scelte che facciamo o che faremo. Il dono della Sapienza però non è come il sale: quest’ultimo si trova in qualsiasi supermercato, grosso, fine, a seconda dell’utilizzo che ne vogliamo fare, mentre la sapienza non la troviamo in un qualsiasi negozio alimentare, ma viene dallo Spirito Santo ed è uno dei suoi sette doni.

Così cantiamo:

Lo Spirito di Sapienza è su di me,

per essere luce e guida sul mio cammino,

mi dona un linguaggio nuovo,

per annunciare agli uomini

la tua Parola di salvezza.

E introducendo la preghiera del Padre nostro diciamo:

Guidati dallo Spirito di Gesù e illuminati dalla sapienza del Vangelo, osiamo dire, ovvero invochiamo il Padre per chiedere, per chiedere che la sapienza del Vangelo illumini la nostra esistenza.

Salomone, figlio del Re Davide, ci è di grande esempio. Dio [gli] disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male». Salomone era solo un ragazzo e a Dio chiede la sapienza del cuore per saper distinguere il bene dal male. Questo gli fece così onore davanti a Dio, tanto da sentirsi dire: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente».

Chi di noi, giovane o anziano che sia, davanti al Signore chiede al giorno d’oggi il dono della sapienza? Chi di noi chiede ogni giorno, nelle proprie preghiere, la capacità di scegliere tra bene e male per non lasciarsi dominare dall’istinto, dall’infatuazione, dal potere? Chi di noi, anziano o giovane che sia, non si limita a chiedere cose materiali, una guarigione o anche solo il dono della salute, ma di saper valutare non ciò che conviene, ma ciò che è giusto fare?

Il campo della vita può essere colmo di molti tesori ben nascosti, così come può essere pieno di sporcizia portata dal vento e depositata in superficie da qualcuno che ci sta intorno o che incontriamo, proprio come vediamo nelle campagne o nei prati di montagna quando i più beceri e vigliacchi lasciano in giro sporcizia. Anche la nostra esistenza è così e ha ragione Gesù Cristo a paragonare il regno dei cieli, che è in mezzo a noi, a un campo nel quale è nascosto un tesoro. Noi siamo quell’uomo che deve scegliere: scavare in profondità, anche se costa fatica, anche se ci vuole tempo e pazienza, anche se dobbiamo imbatterci in questioni di un certo peso e livello, per trovare il tesoro nascosto dentro di noi ed essere felici, oppure accontentarci della sporcizia che c’è in superficie che serve a nulla se non ad essere raccolta e buttata via? Certamente si fa meno fatica ad accontentarsi, ma si è poi veramente felici o soltanto contenti (perché c’è differenza tra essere contenti ed essere felici)? Certamente è più facile cercare le cose, i pensieri, le relazioni più banali che non impegnano troppo, ma poi saremo davvero pieni di gioia?

Allora non è che sia il caso di fare un po’ più fatica per scendere nelle profondità della vita e trovare le perle preziose, piuttosto che accontentarci delle banalità superficiali? Per far questo serve la Sapienza, quella che viene dall’Alto, ricordandoci che anche la pazienza non è male, ma che il tempo fugge inesorabile sotto il nostro sguardo, uno sguardo, il nostro, talvolta perso ad ammirare i rifiuti e le sterpaglie in superficie che non a cercare il tesoro che Dio ha nascosto nelle nostre profondità e quel tesoro è proprio Lui, Dio.