XIV del tempo ordinario A

9 luglio 2023

 

Parola d’ordine: umiltà.

Umiltà: sostantivo femminile dal latino humilĭtas. Qualità di ciò che è umile, non nobile, modesto: umiltà di natali, di condizione; l’umiltà di un mestiere; l’umiltà di un lavoro non deve mai essere motivo di vergogna. Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé: avere, dimostrare, fingere umiltà; è troppo pieno di sé, non ha un minimo di umiltà; l’umiltà è una delle virtù cristiane. Sentimento e atteggiamento umilmente riverente e sottomesso: se vuoi che Dio ti ascolti, devi pregarlo con umiltà; si presentò al direttore con molta umiltà; spesso l’umiltà dell’aspetto non corrisponde al modo di sentire. Letterariamente atteggiamento e contegno improntati a modestia e riservatezza: Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta (Dante).

Questo è il significato che troviamo in uno dei vocabolari più famosi: la Treccani.

Sembra, leggendo quanto riportato, che l’umiltà sia più un peso schiacciante che una virtù, una sensazione opprimente e deprimente, più che l’esaltazione di una personalità.

Va da sé che l’umiltà sia chiaramente l’esatto opposto dell’esaltazione: lo dice anche Cristo in un passo divenuto quasi un proverbio comunemente usato: chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11). Una sorta di antitesi che, per restare ancora in tema di lingua italiana, diventa un paradosso, cioè qualcosa che sembra il contrario e che invece porta alla luce il suo significato profondo.

Prendiamo quanto il profeta Zaccaria preannuncia al popolo d’Israele: Così dice il Signore: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina». Un re seduto su un asino? Riusciamo a immaginarci il Re Carlo, che il mondo intero ha seguito in diretta solo due mesi fa per la sua incoronazione, uscire da palazzo seduto su un puledro? Ce lo immaginiamo, insieme alla sua consorte, uscire dalla cattedrale dopo il rito così solenne, salire su un asinello? Eppure il Signore Dio, per bocca del suo profeta preannuncia ciò che il popolo d’Israele vedrà in Cristo che, entrando in Gerusalemme prima della sua passione, chiederà un puledro per essere acclamato re di un regno che non è di questo mondo.

Anche il nostro pensiero cristiano non è di questo mondo, mentre la mentalità di oggi vede l’umiltà come un difetto, una vergogna, un abbassamento tale da non farsi vedere in giro. Eppure conosco persone umili, semplici, delle quali parla Gesù nel Vangelo, che sono le persone più belle, quelle che non si vantano, non si gonfiano come un palloncino ad aria compressa o una mongolfiera, quelle che non soffrono di vittimismo compulsivo che, per farsi lodare, devono fingere di essere umili: sono le persone con le quali sto meglio, con le quali condividerei il tempo che Dio mette a disposizione dell’uomo, quelle con le quali si passano le giornate senza dire molto, perché bastano i semplici sguardi e i sorrisi che non fanno chiasso e non disturbano l’udito, ma rallegrano il cuore. Sono le persone delle quali Cristo ha detto: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza». Al mondo non interessano queste persone, perché – come sembra emergere dal vocabolario – sembrano tanto inutili, mentre per il Signore e per il Vangelo sono le persone più importanti. Ecco il paradosso: i piccoli di cui parla Gesù, quelli che hanno il cuore di bambino, puro, bello (anche se i bambini di oggi sono un po’ cambiati rispetto a quelli che vedeva Gesù) sono semplici, gioiosi, sereni, perché non vanno in cerca di cose grandi, di apprezzamenti smisurati, di elogi insuperabili; sono le persone belle che il mondo denigra, ma che Dio porta in palmo di mano.

Cosa dire? Viva i paradossi evangelici, quelli che sgonfiano i palloni aerostatici dell’animo ed esaltano i sentimenti più veri, più semplici ed umili. Viva le persone belle, quelle che se ne fregano del giudizio altrui se sono vere, semplici ed umili, perché ciò che conta agli occhi della gente asservita alla mentalità del nostro tempo, non conta agli occhi di Dio. E la mentalità del nostro tempo passa, ciò che conta agli occhi di Dio resta, per sempre.