XX del tempo ordinario B

19 agosto 2018

Dopo la parentesi ferragostana nella quale abbiamo contemplato Maria assunta in cielo pensando al cammino che dobbiamo compiere su questa terra per raggiungerla, continua il discorso sul Pane vivo disceso dal cielo che alimenta e sostiene questo nostro cammino verso la patria eterna. Tornando per un attimo col pensiero al profeta Elia, al quale fu detto: «Alzati, mangia! È troppo lungo per te il cammino», ora possiamo approfondire meglio questo pensiero sul cibo che lo alimenta. È solo un puro pane? Sia il libro dei Proverbi che il vangelo di Giovanni sembrano aiutarci a comprendere ciò che Gesù, citando l’antico testamento, aveva detto al demonio mentre lo tentava nel deserto, ovvero: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Poniamo molta attenzione: Gesù, secondo il vangelo di Giovanni, grazie alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, quindi grazie a un evento materiale che ha segnato profondamente la vita dei suoi seguaci, ha iniziato a fare un discorso che lo ha portato a parlare di lui come pane vivo disceso dal cielo e a spingerlo oltre fino a dire: «Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».È abbastanza chiara e spontanea la risposta dei Giudei che si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Forse anche noi avremmo detto la stessa cosa, anzi, anche noi la pensiamo. Eppure Gesù insiste: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Perché mai sarà passato dal pane alla carne? Non bastava il pane per farci comprendere cosa significasse essere sfamati o saziati? Forse la carne ha qualche proprietà in più? La risposta ce la da lui stesso: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda». Non è questione di essere carnivori o vegetariani, ma di comprendere che la carne significa vita e chi mangia assimila e assimilando resta in vita. Ora: quale metafora migliore per dirci che se ci nutriamo di lui vivremo, diversamente non scamperemo alla morte eterna? Ma non solo. Chi mangia la sua carne, il suo corpo, e beve il suo sangue ha la vita eterna e in pegno la risurrezione. Da un pezzo di pane alla risurrezione: questo è il cammino che il Signore ci ha fatto fare, per farci comprendere ciò che nell’Ultima Cena ha detto e in ogni Eucaristia oggi ci ripete: «Questo è il mio corpo offerto per voi; questo è il mio sangue versato in remissione dei peccati». Solo nutrendoci di Lui la nostra vita ha senso; solo mangiando di lui assimileremo ciò che lui è; solo assimilando Lui diventeremo immortali come Lui. Ma proprio perché non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, ascoltiamo cosa ci dice il libro dei Proverbi: La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto venga qui!». A chi è privo di senno ella dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza». Chi è la sapienza se non il Signore che ci invita a sedere alla sua mensa, a nutrirci di questa saggezza di cui è imbandita la tavola, a divorare la carne e il pane preparati per noi e a ubriacarci di vino. Ma comprendiamo meglio queste parole se le associamo a quelle che Paolo scrive: “Non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Non dobbiamo allora ubriacarci di vino, non dobbiamo abbuffarci di pane e carne e ogni altro alimento tanto da fare indigestione, ma di Lui, del suo Pane, del suo Corpo, che sono il nostro cibo e la nostra bevanda spirituale, per assimilare sapienza e diventare capaci di compiere la sua volontà, permettendoci così di essere uomini e donne saggi. Raccogliamo dunque l’invito di Paolo: “Fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore”.Ricordo quando ero in seminario e arrivava il carrello con le pietanze che più ci piacevano: tutti ci precipitavamo su quel carrello per prendere anche solo un pezzo di quel cibo, manco fosse una vita che non mangiavamo.Come sarebbe bello se il mondo di oggi facesse lo stesso con il corpo di Cristo… quanta sapienza e quanta saggezza in più ci sarebbe su questa terra e quanti casi di risurrezione, anche prima della morte.