XVI del tempo ordinario C
21 luglio 2019
Di una sola cosa c'è bisogno: la parte che Maria si è scelta, quella cioè di mettersi ai piedi del Maestro per ascoltare la sua parola. Contrariamente Marta è la donna che più ci rispecchia: indaffarata a fare bella figura, indaffarata a servire il Maestro, indaffarata a non far mancare nulla. Cosa avrà fatto di male Marta? Nulla. Corriamo il rischio di vedere Marta come la rimproverata da Gesù, ma in realtà il suo era solo un ammonimento. Marta non sta facendo qualcosa di male, infatti Gesù non le ha detto che Maria era brava e lei no. Gesù le ha solo fatto capire che la parte migliore è quella che si era scelta Maria, perché prima di agire occorre ascoltare. Solo ascoltando la parola del Signore sapremo come agire, solo mettendoci ai suoi piedi, comodi nel cuore più che nel corpo, per fare nostre le sue parole, sapremo poi trasformarle in azioni di carità vera, di servizio autentico, di donazione completa. Diversamente saranno azioni fini a se stesse, fatte più per farci apprezzare e avere un tornaconto che non per servire il Signore. Questo non dobbiamo mai dimenticarcelo. L'ospitalità di Marta e il suo servizio erano una gran cosa, ma senza l'ascolto di Maria sarebbero diventate solo azioni volte sì a far star bene, ma soprattutto a sentirsi apposto. Il Signore ci chiede qualcosa in più, ci chiede di trasformare l'amore in dedizione e non fermarci alla dedizione stessa. Potremo fare molte cose in una giornata, potremo andare a letto stanchi e sfiniti per quanto abbiamo fatto, ma senza l'amore e l'abbandono alle parole di Cristo saremo stati ottimi servitori, ma senza passione per il servizio. Anche Abramo, dice la Genesi, si diede da fare per accogliere il Signore che gli faceva visita per manifestargli la promessa di un figlio. Ma se Abramo fosse stato solo impegnato nel servizio e non avesse prestato orecchio alla promessa del Signore, cosa sarebbe stato della sua discendenza tanto attesa e sperata? Così anche noi, se passiamo le nostre giornate a fare e non vediamo la presenza del Signore in noi, cosa facciamo, cosa siamo? Pentoloni viventi, macchine che lavano piatti e panni, lavoratori instancabili, costruttori di case e strutture, impiegati perfetti: ma tutto ciò per chi? Per cosa? Non siamo macchine, siamo persone; non abbiamo in noi un motorino che non molla mai, ma abbiamo un cuore che ama. Se una mamma dopo aver lavato e stirato fino a notte non avesse speso le sue forze per amore del marito e dei figli, cosa sarebbe? Se un uomo che torna a casa dal lavoro sfinito non incontrasse col sorriso i propri figli e la propria moglie, cosa sarebbe? Se un ragazzo fosse perfetto nello studio, ma incapace di prestare aiuto in casa e di rapportarsi con i propri familiari, cosa sarebbe? Se i tanti volontari per le feste dei nostri oratori facessero tutto solo per il gusto di fare e ricevere apprezzamenti, cosa sarebbero? La questione non è cosa saremmo, ma cosa siamo. Prendiamoci la parte migliore: mettiamoci in ascolto del Signore e ciò che facciamo per la nostra famiglia, per la nostra comunità, sul posto di lavoro o nella scuola sarà un servizio vero per il bene nostro, della nostra famiglia, della nostra comunità e dell'intera umanità.