Carissimo Bambino di Betlemme,

sono qui davanti a te, perché ho molte cose da dirti e altrettante per cui implorarti.

Questo anno pare proprio sia un anno da dimenticare e anche la tua venuta è stata offuscata da tanti pensieri e preoccupazioni. Tra un decreto ministeriale e l’altro mi sembra di essere tornato ai tuoi tempi, quando un editto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra, quando la vita era regolata sulle leggi dello Stato e ogni giorno ce n’era una nuova da rispettare, magari poco comprensibili, come le nostre, ma pur sempre da attuare al momento. Non so se le leggi ai tuoi tempi erano volte più a una gloria imperiale o al bene comune, ma qui, con questo virus, del quale non ce n’è bisogno che te ne parli, ogni giorno si fa qualcosaper contenerlo, anche attraverso le leggi. Qualcuno grida al complotto di stato, altri gridano contro chi sostiene che vi sia in atto un complotto di stato. Bambino, non farci caso: siamo tutti un po’ impazziti. Vediamo il bene nel male e il male nel bene, e questo in ogni cosa, in ogni persona, in ogni situazione: ciò che conta da noi è urlare e far la voce grossa, per emergere, per farsi notare, per prevalere.

E adesso qui davanti a me ci sei tu: non gridi, ma vagisci; non fai la voce grossa, perché sei un semplice bambino; non ti fai notare, altrimenti non saresti nato in un luogo così posticcio; non prevali, anche se sei Dio.

Non meravigliarti Bambino, ma insegnaci a lasciarci riempire di meraviglia, quella dei pastori che davanti alla tua culla accorsero con gioia per assistere a questo grande evento, nel cuore della notte, mentre vegliavano il loro gregge. Qui la meraviglia si spreca, soprattutto quando le cose vanno storte e il mondo è sottosopra: non si capisce più niente e tutto ci sfugge. Ho letto commenti che a causa delle leggi imposte per contenere la pandemia ci è stato rubato il Natale. Ma sai, Bambino, cosa mi fa ridere per non dire indignare? Che a scrivere tali cose siano quelli che si sono dimenticati il Natale già tanto tempo fa: sì, da quando questa grande festa, quella della tua nascita, è stata trasformata nella gara a chi avesse addobbato meglio l’albero, a chi l’avessefatto più grande, alla esaltazione dei grossi supermercati e via via col tempo a chi avesse riempito i figli del numero più elevato di giocattoli migliori. Mentre la tua nascita ci dovrebbe parlare di cose divine, qui pensiamo a questioni commerciali, le stesse che hanno inasprito i nostri animi contro le leggi vigenti, forse perché ci hanno limitato il natale che tanto ci aspettavamo: quello pagano. Aiutaci, te ne prego, aiutaci a riempire la nostra vita e le nostre famiglie di meraviglia perché Dio in te si è fatto uomo e non perché l’uomo vuole farsi come Dio, restando senza Dio.

In questa situazione così assurda, Bambino, dobbiamo avere i nervi saldi, perché è facile schizzare e andare fuori di testa. Un giorno si può uscire, il giorno dopo bisogna stare in casa; per un mese si va a scuola, per altri due bisogna seguirla al computer; si può lavorare, ma non si possono incontrare le persone. Sì, Bambino, tutto questo ci fa impazzire, perché la nostra vita è diventata incostante. A dire il vero non è che prima lo fosse di più: era forse più movimentata e, credimi, anche io mi sono trovato un po’ sfasato. Il tempo primaverile che abbiamo trascorso in famiglia o da soli con la paura del contagio mi ha debilitato, l’apatia mi ha conquistato, la non-voglia mi ha schiacciato, i tanti, troppi morti mi hanno devastato. Altro che la forza di quelle donne, che con grande tenacia vanno e vengono ogni giorno dalla fontana con le loro anfore per far rifornimento di acqua: più le guardo, più avverto l’incostanza della mia vita. Vorrei esprimerti un desiderio, per me, per i ragazzi, gli adolescenti e i giovani, per i genitori di oggi e di domani: riempici di costanza. Te lo chiedo soprattutto per la vita spirituale che ha perso, non solo adesso, i suoi colpi. Sai, Bambino, nel momento più feroce di questa epidemia, quando la nostra terra, come la tua del resto, è stata colpita violentemente dal virus e si contavano centinaia di morti nelle nostre comunità bergamasche, abbiamo avuto paura, molta paura. Chiusi in casa abbiamo pregato e sono certo che avevaripreso a pregare anche chi, da molto, troppo tempo, aveva smesso. Io ti prego perché non sia la paura a portarci a te, ma sia la nostra fede, quella che ci è stata donata da bambini, quella che i nostri genitori ci hanno trasmesso e che i nostri nonni ci hanno insegnato a tenere viva con la preghiera. Vorrei, Bambino, che ci rivolgessimo a te non una volta l’anno, in questa notte, così tanto discussa per l’orario della Messa – e ti risparmio le mie considerazioni su quelli che non vengono mai a Messa, ma hanno osato scagliarsi contro l’anticipo della celebrazione: se mi conosci, come credo, sai cosa penso –. Vorrei che ci ricordassimo di te non un giorno l’anno, tra l’altro neanche quello più importante, visto che per il Natale abbiamo mobilitato l’universo e pur di non sottostare alle leggi di chiusura passeremmo il giorno di Natale in chiesa, mentre per la Pasqua, vero centro della nostra vita, non battiamo nemmeno ciglio, se non per la gita fuori porta.Vorrei che fossimo cristiani sempre e sempre di più, non per paura, ma per sentire te dalla nostra parte, per vederti all’opera in noi mentre educhiamo i figli, ci prendiamo cura dei nonni, amiamo le mogli e accudiamo i mariti. E tutto perché, grazie a una vita spirituale più vera, lasciamo che tu agisci in noi, nelle nostre relazioni e nelle nostre famiglie e ci dai quella marcia in più che non risolve i problemi, ma ci fa essere più costanti.

Bambino, in questo tempo abbiamo imparato ad essere più brontoloni, sì, ma anche obbedienti. Sarà il timore di multe dietro l’angolo o più coscienti della situazione grave che si è imposta. E in questa obbedienza alla norme non siamo diventati più bravi o più santi, ma abbiamo capito quanto siamo importanti gli uni per gli altri. Abbiamo compreso che se ciascuno fa la sua parte diventa per l’altro una possibilità in più: abbiamo imparato che è bello stare in casa, che la famiglia, anche quando pensavamo ci fosse stretta, è diventata il segno più tangibile dell’amore che ci hai dato; abbiamo compreso che porre delle attenzioni verso i nonni, con i quali dobbiamo mantenere le distanze fisiche, è stata la loro salvezza e la nostra gioia; abbiamo sperimentato che passare più tempo con le persone che amiamo è quanto mai bello e io, credimi, l’ho vissuto sulla mia pelle. Forse non tutto il male vien per nuocere, anche se di questo male, oltre ad aver paura, siamo stanchi. Tuttavia obbedire non è così difficile: è stato anche motivo di nuove opportunità. Come lo è stato per Giuseppe che,riempito di obbedienza, si è lasciato stravolgere la vita da te, in meglio ovviamente. Ecco, la nostra vita è stata già stravolta all’inizio di questo anno; ora, Signore, fa’ che obbedendo alla tua volontà, che passa nelle cose di ogni giorno, possiamo, col tuo aiuto, renderla migliore.

Infine, Bambino, questa situazione ci ha fatto perdere fiducia: tutti siamo diventati virologi fai da te, economisti pseudo-laureati, previsionisti, catastrofisti, scienziati e medici di base: siamo tuttologi, solo perché ciascuno di noi vorrebbe trovare la soluzione al più presto e la più valida. Ci fidiamo solo di noi stessi e del nostro istinto. Le opinioni diventano sempre motivo di battibecchi e accuse. Se tu avessi il televisore o aprissi le notizie che scorrono attraverso internet, capiresti ciò che ti sto dicendo: è un “tutti contro tutti”. E di chi fidarsi? Di te! Sì, di te che sei l’unico a dirci le cose vere, semplici, ma incisive. Ci fidiamo di te che non ci fai trovare davanti al presepe o sotto l’albero, il vaccino contro il virus, ma doni agli scienziati lo Spirito di intelletto per produrlo a salvaguardia dell’umanità e senza interessi personali; con il tuo spirito, poi, ci aiuti a vaccinarci contro il virus del menefreghismo che dilaga nelle nostre case; ci fidiamo di te che non ci doni l’immunità di gregge, ma ci aiuti a non essere pecoroni che corrono dietro alle tendenze del momento trasformando i figli in oggetti delle nostre manie di grandezza e ci doni la capacità educativa di aiutarli a seguire te, Buon Pastore; non ci imponi di velarci il volto con le ormai abituali mascherine, ma nella tua nascita ci sveli il volto amorevole del Padre; e non ci chiedi disinfettare con i presidi igienici ogni cosa che le nostre mani toccano, ma sani il nostro cuore con la tua infinita misericordia. Aiutaci, come ha fatto Maria, a lasciarci riempire di fiducia verso te che guidi sempre la nostra vita, anche nelle tempeste, e ci insegni a fidarci delle persone aiutando chi amiamo a fidarsi di te e un poco anche di noi; perché il sospetto genera timore, la fiducia genera amore.

Bambino, ti imploro: dona alla terra un tempo nuovo, fai presto, non tardare; dona alle nostre famiglie e a tutti gli uomini un cuore nuovo, ripieno di Dio.

Parlaci, Bambino; ti prego: dicci qualcosa!

 

 

Carissimo uomo,

ho ascoltato con attenzione le tue angosce e le tue speranze. Ricordati: il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce e questa luce Sono Io, il tuo Dio, che per te mi sono fatto Bambino, perché il tuo cuore sia più disponibile ad accogliermi e a lasciarsi riempire di Dio, un Dio che non ti abbandona, ma vuole donarti la Grazia di guardare avanti. Io Sono il tuo Dio e vorrei che mi vedessi in ogni momento della tua vita, in ogni relazione d’amore vera, in ogni angolo della terra, perché le cose brutte diventino belle e quelle belle risplendano. Non abbatterti e non abbandonarmi. Lascia che riempia di me le anfore della tua vita personale, relazionale e familiare, perché tu e quanti incontri possiate diventare un bagliore di luce in questo mondo immerso nelle tenebre.

 

Buon Natale uom