IV di Quaresima A
19 marzo 2023
Mi trovo sul balcone di casa, una delle scorse sere, e dallo studio medico esce una famigliola: padre e madre con i loro due bambini. Tra la concitazione di farli salire sull’automobile, facendo attenzione che non scappassero sulla strada con il rischio di essere investiti, sento che la mamma ad alta voce dice: «Bambini, quando diventate grandi fate di tutto per fare i dottori». E uno dei piccoli chiede: «Perché?». «Perché così – risponde la mamma – guadagnerete tanti soldi». E io stupido che pensavo che si diventasse medici per guarire gli ammalati, per far del bene alla gente. Poi entro in casa e la prima notizia del telegiornale che stava andando in onda parla della carenza di medici e infermieri. Beh, mi son detto, fino a quando si cerca di mostrare una professione con uno scopo alterato e non con un obiettivo valido, difficilmente assisteremo a una società fatta di uomini e donne che desiderano esprimere il vero sogno di Dio Padre sulla loro vita, una volontà – quella del Padre – che ci rende felici, attenti al bene degli altri e della società. Stavo anche pensando, prima di sentire la risposta: che brava questa mammina che invoglia i figli a una così nobile professione; poi mi sono cadute le braccia a terra sentendo il proseguo della motivazione. Praticamente ho tirato le somme: siamo sempre pronti a mettere il bastone tra le ruote alla volontà di Dio.
Poi c’è Madre Teresa che nella sua umiltà e nella sua vita spesa al servizio dell’umanità più reietta dice: «Dio sa scrivere dritto anche sulle righe storte della nostra esistenza». E tiro il fiato, nella speranza che quella goccia di fede che abbiamo in noi, e che Dio Padre ci ha donato quando siamo stati immersi nella piscina del nostro Battesimo, possa diventare un mare sconfinato. E, per dirla ancora con Madre Teresa, dobbiamo sempre ricordarci che una goccia nel mare sembra inutile, eppure il mare senza quella goccia non sarebbe lo stesso.
Allora anche la nostra fede, pur semplice che sia, permette a questo nostro mondo di non essere lo stesso, di non essere in piena crisi idrica e nella siccità spirituale. Anche la nostra fede ci permette di vedere Dio Padre all’opera in questo mondo, in una semplice piscina come in un oceano. Cristo ci ha insegnato: «Quando pregate dite: Padre nostro, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra». Sì, ovunque sia fatta la volontà di Dio, perché solo seguendo i desideri che Lui ha su ciascuno, ognuno potrà realizzare pienamente la propria vita e non per un semplice gusto di guadagno, ma per vocazione. Una confidenza: non posso non ricordare il personale infermieristico che ha assistito mio papà nei giorni di ospedale che l’hanno accompagnato alla morte. Medici e infermieri hanno fatto tutto il possibile, ma si sa che la vita è fatta di gioie e di dolori, di salute e di malattia, ma Lella, insieme a colleghe e colleghi, ha dimostrato a me, a mia mamma e a mio fratello, che ci sono professioni che è un abominio chiamare tali: bisogna chiamarle vocazioni. Quando il papà ha lasciato questa vita non potevamo che essere nella stretta del dolore, ma Lella era lì ad accarezzare il volto di mia mamma, a stringere le braccia mie e di mio fratello per farci forza e per consolarci, anziché dirci semplicemente che non c’era stato nulla da fare per il papà, vista la gravità delle diverse malattie che aveva in corpo. Ecco, era una goccia in mezzo al nostro mare in tempesta in quel momento, ma quella goccia io la porto ancora dentro e mi scorre nelle vene. Non ho potuto far altro che vedere in lei e negli altri infermieri il dito della mano del Padre che stava scrivendo dritto sulle righe storte della nostra vita. E se può sembrare legittima la domanda degli apostoli su chi avesse colpa perché quell’uomo fosse nato cieco, se fosse sua o dei suoi genitori, lecita è la risposta di Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». Interessante è la risposta di quell’uomo alle pressioni di scribi e farisei: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta».
La volontà del Padre si manifesta sempre, anche quando non vogliamo vederla o non vogliamo capirla, anche se preghiamo dicendo: «Sia fatta la tua volontà». Certamente non è sempre facile accettarla e bisogna allenarsi attraverso la preghiera affinché non solo ce la manifesti – e questo già lo fa – ma soprattutto possiamo vederla, comprenderla e accettarla. È un po’ come tirar su pesi, alzare e abbassare le braccia perché i muscoli acquistino vigore e forza, quella che serve per sollevare un carico, per spostare qualcosa di pesante, quella stessa che serve a due genitori per alzare e prendere in braccio il proprio bambino e mostrargli le cose belle della vita, che speriamo possano coincidere con i sogni che ha il Padre, Dio, e non con l’opportunismo di quella madre. La forza, Dio, non ce la nega e i muscoli delle braccia che acquistano vigore mi fanno ancora pensare alle mani di Lella che stringevano le nostre braccia per infonderci forza. Pensate davvero che Dio non stesse manifestando la sua volontà? Pensate davvero che la forza di Lella, come quella di Madre Teresa nel prendersi cura di ciechi, zoppi, malandati o ammalati non sia la forza che viene dal Padre che dona la fede tanto da portare noi tutti suoi figli ad affidarci a Lui, benché ci voglia forza per comprendere la sua volontà?
Allora non diciamo «Sia fatta la tua volontà», ma preghiamo che sia fatta la Sua volontà e nello stesso momento chiediamo anche la forza per accoglierla, la gioia per attuarla, lo stupore per capire che la nostra vita è una risposta meravigliosa alla Sua vocazione, ovvero alla volontà del Padre. E quando ci verrà chiesto: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?», con il cieco, guarito dalla cecità, possiamo manifestare la nostra fede ed esclamare: «Credo, Signore!».