VII del tempo ordinario A
19 febbraio 2017
Ed ecco la questione più spinosa. Adesso arriva la parte più difficile. Perché il discorso sull'essere sale della terra e luce del mondo, attraverso il nostro buon esempio e la nostra testimonianza, ci può stare, l’abbiamo anche capito; un po' più difficile è il passaggio successivo a riguardo del come essere sale e luce, ovvero nell’ascolto della parola di Dio e nella messa in pratica dei comandamenti del Signore che ci portano sempre a scegliere ciò che è bene rispetto a ciò che è male. Ora, però, il Signore stesso ci mostra quale sia nello specifico il comandamento da mettere in pratica per essere sale della terra e luce del mondo: essere santi, come lui, il Signore, è santo. E cosa significa? Semplice: “Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso”, troviamo scritto nel libro del Levitico. Bella risposta! Come se fosse semplice non covare rancore per chi ci ha fatto del male, per chi ci ha trattato male, per chi se n'è andato lasciandoci soli, per chi non ha fatto altro che parlare male, per chi ci ha estorto qualcosa con l'inganno o la violenza. Facile a dirsi, ma a farsi proprio no. Eppure il Signore non ci dice di provare a non covare rancore o voglia di vendetta. No. Quasi ce lo impone. Ci chiede di andare al di là della legge del taglione, “occhio per occhio, dente per dente”, legge per la quale chi cavava un occhio a qualcuno non poteva ricevere una vendetta superiore a quanto aveva fatto, o chi cavava un dente non poteva perderne uno solo in più. Ci chiede di adottare la legge dell'amore, della pazienza, della misericordia e di amarci gli uni gli altri come amiamo noi stessi. E questo comandamento, amare l’altro come se stesso, non è per niente semplice da attuarsi. Chi non si ama così tanto da voler soffrire? Eppure se dobbiamo amare ci ha fatto del male con lo stesso amore con cui amiamo noi stessi significa che desideriamo per l'altro la felicità come la desideriamo per noi stessi. Perché non ci riusciamo? Perché il dolore della sconfitta, dell'abbandono, della derisione, del pettegolezzo, dell'ingiuria è troppo grande per dimenticare semplicemente. Ma è altrettanto vero che il Signore non ci dice di dimenticare, ma di perdonare, di amare, di ricucire quegli strappi che si sono formati e che hanno lacerato relazioni anche importanti. E perché sono avvenute lacerazioni che hanno portato alla legge del taglione? Perché le incomprensioni, l'odio, il rancore, la gelosia e l'indifferenza ci hanno allontanato gli uni dagli altri e il silenzio e la chiacchiera hanno preso il posto del dialogo. Oppure perché ci è stata messa davanti una verità scomoda che ci ha portato a voler tagliare i ponti per non sentirci dire cose vere, ma che fanno male o perché noi stessi abbiamo pronunciato una verità scomoda e siamo stati messi da parte. Ma il Signore, nel libro del Levitico è stato chiaro: “Rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui”. Che non significa far la parte di quelli che ne sanno più del diavolo, ma di quelli che con umiltà si prendono a cuore la vita dell'altro, del fratello, non per giudicarla, ma per aiutarla a progredire nel bene, nella giusta strada, nella via della verità. Anche se, si sa, questo potrebbe comportare lacerazioni. Amare e perdonare significa anche non arrendersi davanti a tutto ciò, perché quel sale che Gesù ci ha chiesto di essere vada a disinfettare quelle ferite che abbiamo inferto alle nostre relazioni e il perdono possa essere quel cicatrizzante che colma le distanze arrecate dalle incomprensioni e dall'orgoglio racchiuso in noi. Se dunque il nostro corpo è tempio dello Spirito, come ci dice San Paolo, chiediamo al Signore la grazia di far sì che in noi possa abitare lo Spirito che ci aiuti a vivere da fratelli e non da nemici, che ci aiuti a perdonarci e non a dividerci, che ci aiuti a superare la legge del taglione per vivere una legge nuova, quella dell'amore. E se per ora fatichiamo a chiudere quelle lacerazioni che per un motivo o per l’altro ci siamo procurati, la nostra bocca e il nostro cuore si aprano almeno alla preghiera: “O Dio, che nel tuo Figlio spogliato e umiliato sulla croce, hai rivelato la forza dell'amore, apri il nostro cuore al dono del tuo Spirito e spezza le catene della violenza e dell'odio, perché nella vittoria del bene sul male testimoniano il tuo vangelo di riconciliazione e di pace”. Amen.