Santi Pietro e Paolo, apostoli

29 giugno 2024

 

Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.Paolo è giunto al termine del suo ministero, non senza fatiche e incomprensioni, tra rifiuti e persecuzioni. L’annuncio del Vangelo gli ha riservato certamente momenti favorevoli, ma anche grandi ostacoli. Questo non gli ha impedito di chiamare buona la battaglia che ha combattuto, perché buona è la notizia che egli, spendendo tutte le sue forze, ha proclamato. Vangelo, ricordiamolo ancora, significa proprio “buona notizia” e come buona è la notizia annunciata, tale è la battaglia che ne consegue. La sua corsa è terminata, tuttavia non ha smesso di pensare ai molti fratelli ai quali ha proclamato il Vangelo. Lui stesso aggiunge: Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Un annuncio che non è stato fine a stesso, nel quale non ha messo al centro la sua persona, la sua parola, né tantomeno il suo operato. Ha diffuso il buon Vangelo di Cristo, dal quale è certo ricevere la giusta ricompensa, non solo per sé, ma anche per tutti quelli che hanno creduto e hanno testimoniato la Parola di Cristo. Malgrado le angherie subite, i maltrattamenti, le opposizioni incontrate ha conservato la fede, quella stessa fede alla quale Cristo l’aveva chiamato quando, sulla via di Damasco, gli era apparso per fare di lui il più grande predicatore della parola che salva, incorporandolo nella Chiesa mediante il Battesimo, conferitogli da Ananìa, un discepolo che si stava opponendo a Cristo per tutto quello che aveva sentito dire su Saulo di Tarso, persecutore accanito dei Cristiani. Questo non ha frenato Cristo e se Cristo lo aveva scelto per fare di lui l’apostolo dei pagani, chi era un uomo per impedirlo? Il Signore – scrive ancora Paolo – mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero. L’ha fatto con tutte le sue forze e oggi è per noi motivo di grande esempio, perché di fronte alle avversità di chi non accetta di vivere il Vangelo, pur dicendosi cristiano, non ci fermiamo, non ci demoralizziamo, non ci tiriamo indietro. La fede che il Signore ci ha dato ci permetterà di accogliere la forza che ci dona mediante lo Spirito per portare a compimento la nostra testimonianza, il nostro ministero, il compito di annunciare a tutti, cristiani e non cristiani, la grazia di Dio, la sua Parola di salvezza, la beatitudine che ci attende nel regno dei cieli, dove non saremo risparmiati della corona incorruttibile che Cristo, giusto giudice, ci consegnerà.

Il Vangelo di Cristo, infatti, non può essere incatenato o messo a tacere: questo lo sperimenta l’apostolo Pietro quando, per la gioia di Erode e dei Giudei, venne incarcerato per mettere fine alla sua predicazione. Il Signore, attraverso il suo angelo, lo libera, perché nessuna forza umana può bloccare l’annuncio della Parola del Signore, nessuna cattiveria, nessuna gelosia o invidia può mettere a tacere gli apostoli di Cristo. Noi siamo quegli apostoli che ancora oggi, tra le molteplici catene di questo mondo, abbiamo il compito di continuare ad annunciare non noi stessi, ma Cristo Figlio del Dio vivente, proprio come l’ha riconosciuto Simon Pietro, in mezzo alle chiacchiere e alle dicerie della gente. È per la rivelazione del Padre che non ha esitato a professare la propria fede, per la quale Cristo gli ha detto: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Noi, che celebriamo oggi la grande solennità che unisce in un solo giorno la memoria degli apostoli Pietro e Paolo, non possiamo che guardare a loro con fiducia e speranza: la fiducia che mai Cristo ci abbandona, malgrado le contrarietà di chi ci circonda – come ci ha detto Paolo – e la speranza che al di là della nostra miseria umana, Cristo si fida ancora di uomini e donne per portare a tutti l’annuncio della “buona notizia” in questo mondo sempre più chiuso in se stesso e aperto ai pettegolezzi di mercato. Perché se Cristo chiedesse: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?», cosa risponderemmo? E se ci interrogasse personalmente: «Ma voi, chi dite che io sia?», cosa affermeremmo?