XV del tempo ordinario B

14 luglio 2024

 

Dopo il rifiuto, la perseveranza.

Il profeta, l’apostolo, Gesù stesso ci invitano a perseverare, a non mollare mai, anche quando si avvertono le minacce o i tempi non sono dei migliori.

Amos, il profeta, di fronte alla minaccia di Amasìa, sacerdote della divinità pagana, viene cacciato da Betel, tuttavia non si arrende e con una risposta quanto mai accurata, sottolinea la sua missione: predicare la parola che Dio gli ha affidato, anche là dove Dio non è accolto.

Questo ci interroga: quanto siamo disposti ad annunciare il Signore sul posto di lavoro? Quanto siamo disposti a vivere da figli di Dio tra gli amici? Quanto siamo disposti a seguire la via di Dio in mezzo ai bestemmiatori?

L’apostolo Paolo agli Efesini parla di un Dio che si è abbassato fino a terra nel Figlio suo Gesù Cristo, ma questo abbassamento non è stato per Dio un arrendersi di fronte a chi non l’ha accolto. Cristo, infatti, obbedendo al disegno di salvezza del Padre, malgrado il rifiuto del mondo ha continuato a effondere sugli uomini la sua grazia, per radunare tutti nel suo amore. I cristiani sono chiamati ad essere trasmettitori di questa grazia, attraverso parole, opere e scelte che parlino di Dio, anche a un mondo che non coltiva interesse né per la grazia di Dio, né per qualsiasi cosa che parli di Dio. Veniamo a noi: quanta vergogna proviamo nel parlare di Dio? Quante volte ci imbarazziamo quando qualcuno inizia a parlarci delle cose di Dio o della Chiesa? Quanto parliamo bene di Dio e delle grazie che ci ha riservato? Spesso confondiamo il parlare di Dio col parlare della Chiesa o dei preti, soprattutto quando atteggiamenti, comportamenti o modi di fare non ci piacciono. Qui non si tratta di parlare male o bene di un ministro o della gerarchia ecclesiastica, ma di Dio. Essere aperti alla sua grazia ci porta ad accorgerci del bello che c’è intorno a noi. La grazia che Dio riversa su noi non è così astratta come pensiamo: quante volte benediciamo il Signore per il dono delle nostre famiglie, dei nostri figli, dei nostri fratelli? Quante volte benediciamo Dio per il dono di collaboratori nel lavoro o nelle faccende quotidiane? Certamente se un collega, come il prete, o il datore di lavoro, ci sta antipatico, difficile sarà benedire Dio. Eppure se imparassimo a benedire, ovvero a dire-bene, riusciremmo a trovare anche ciò che Dio semina in noi attraverso quei volti che spesso o sempre critichiamo, giudichiamo male, mettiamo sulle labbra di tutti, sapendo che basta essere negativi per scatenare un passaparola infinito, perché le notizie brutte – e spesso false – corrono alla velocità della luce, mentre quelle belle faticano a trovare in noi motivo di condivisione. Dio, di fronte alla gogna del Figlio, non ha smesso di effondere la sua grazia, perché egli fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, come fa splendere il sole sui buoni e sui cattivi. Sta a noi vedere sempre più e sempre meglio i benefici di Dio, le sue grazie e la sua benevolenza sulla nostra vita mediante i doni che egli elargisce su tutti noi. Dobbiamo solo imparare a passare il nostro tempo ad esclamare parole di benedizione, piuttosto che rendere cupa e pesante la nostra vita alla ricerca delle maldicenze che creano notizia.

Gesù non ha fatto un passo indietro nel mandare i suoi apostoli ad annunciare il Vangelo e non un vangelo da rivista e di notizie varie: dovevano per prima cosa annunciare la conversione dei peccati e, si sa, quando si toccano i peccati, gli errori, gli sbagli, scatta immediatamente il rifiuto. Li invia leggeri, solo con l’essenziale, con quel bastone che è il Vangelo. Non serve caricarsi di troppe cose, come non serve caricarsi di troppi discorsi e concetti. Solo un bastone che sostiene il viaggio di chi cammina, solo il Vangelo che sostiene la fatica di chi annuncia. Mai perdersi d’animo, mai farsi intimidire dal rifiuto: anche quando non viene accolta la parola del Signore, si scuote la polvere, si scrollano le spalle e si riparte. Mai cedere a chi volta le spalle, mai lasciarsi sopraffare da chi non accetta il Vangelo o di sentir parlare di Dio, mai scendere a compromessi con chi non volendo vedere il bene di Dio si ferma a parlare male degli uomini. Mai.

La vita è un viaggio, un pellegrinaggio, un cammino: inviati dal Signore, annunciamo il suo Vangelo senza scoraggiarci, senza temere chi ci caccia perché parliamo di Dio, senza assecondare chi non vuole accogliere i suoi benefici, perché là dove non troviamo chi sia degno di Dio, Dio saprà renderci degni del compito di annunciatori che Egli ci ha affidato, portandolo lui stesso a compimento con la nostra perseveranza e con il nostro coraggio.