Sant’Alessandro, martire

26 agosto 2024

 

In quel tempo si avvicinava per Mattatia l’ora della morte ed egli disse ai figli: «Ora dominano superbia e ingiustizia, è il tempo della distruzione e dell’ira rabbiosa». In quale tempo? Solo al tempo di Mattatia o non piuttosto anche nel nostro tempo? È il tempo della guerra, dell’ira rabbiosa di popoli che non trovano la pace, di potenti sanguinari che non hanno a cuore il bene del popolo, la vita dei civili, ma solo la smania del proprio potere che si tramuta in odio e quindi in vendetta. È il momento della distruzione voluta da chi non cerca la pace, ma gode solo dello sterminio. È il nostro tempo che ricalca i tempi antichi, ripercorre i tempi passati, speriamo non inauguri tempi futuri catastrofici.

Oggi la nostra Chiesa di Bergamo si allieta per il trionfo del santo martire Alessandro, un soldato, come molti soldati impegnato nel servizio militare dell’impero. Alessandro, un soldato convertito al cristianesimo, che ha servito l’imperatore nella difesa del potere romano. Un soldato, Alessandro, che, come molti soldati di oggi, pur credendo nel Dio di Gesù Cristo, nel Dio della vita, nel Dio dell’amore, ha impugnato le armi della morte. Anche nella Santa Terra dove Dio ha appoggiato i suoi piedi fin dalla creazione, dove Dio si è fatto uomo in Gesù nel grembo di Maria, dove Dio ha piantato la sua tenda in mezzo all’umanità, proprio in questa Terra Santa si odono solo sirene di morte e si vedono soldati che, pur credenti, impugnano le armi dello sterminio. Lo ha ribadito il bergamasco patriarca, il cardinale Pierbattista Piazzabala: «L’impatto che questa guerra ha avuto su entrambe le popolazioni, quella ebrea e quella palestinese, è unico, senza precedenti. Questo rifiutare l’uno l’esistenza dell’altro è diventato materia quotidiana, si è diffuso nei media, nei social media, è diventato veramente drammatico. La nostra diocesi copre quattro nazioni diverse: Giordania, Israele, Palestina e Cipro. Israele arabo ma anche Israele ebraico. Avevamo persone a Gaza sotto le bombe israeliane, ma avevamo anche cattolici, cristiani, che facevano servizio militare. Quindi su fronti completamente diversi. Il cristiano israeliano è israeliano e il cristiano palestinese è palestinese, in tutto e per tutto. Curare l’unità non è stato semplice: è chiaro che tu appartieni al tuo popolo, però c’è anche un’appartenenza a Cristo che ti deve aiutare anche ad avere uno sguardo differente. E non è sempre così immediato».

Se oggi ci allettiamo per il trionfo del santo martire Alessandro, di quale trionfo possiamo parlare allora se la guerra è una disfatta per l’intera umanità? Il trionfo di Alessandro è la vittoria del bene sul male, dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta. Il trionfo del martire Alessandro è inesistente agli occhi del mondo di oggi, perché colui che, per Gesù Cristo e per il Vangelo, ha perso la testa, recisa dalla spada dell’imperatore, non ha trionfato, ma è stato sconfitto. Per noi cristiani non è così e Tu, o Padre, ci concedi di rivivere, con esultanza sempre antica e sempre nuova, il buon combattimento del glorioso martire Alessandro (dal prefazio), perché egli ci insegni non a combattere con le armi della distruzione, ma con il potere dell’amore, l’amore per Dio che si riversa nei fratelli.

In questo tempo nel quale dominano superbia e ingiustizia, odio e violenza, rancore e guerra, la festa del nostro patrono ci scuote e ci chiede di combattere a nostra volta con le sue stesse armi, come l’apostolo Paolo ci ammonisce: state saldi in un solo spirito e combattete unanimi per la fede del Vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari.

Viviamo in un tempo nel quale ci guardiamo attorno con la paura di essere colpiti, sterminati, uccisi dalle parole altrui, dalle calunnie e maldicenze; viviamo guardandoci attorno per scorgere uno sguardo, una parola, un gesto sospetti che potrebbero danneggiarci; viviamo con la paura di avere attorno a noi solo nemici pronti ad annientarci o in attesa della nostra fine. Perché vivere in questo mondo in questo modo? La paura nasce dal sospetto e il sospetto dall’odio che respiriamo: anche nelle nostre comunità, come nelle nostre singole esistenze, si annida questo odio che fa nascere sospetti e incute la paura di essere giudicati, derisi, spodestati, additati, calunniati.

Dovremmo invece far trionfare quella pace e quella carità vicendevole che ci porta a guardarci in faccia con serenità, attenti a correggerci a vicenda, anziché calunniarci alle spalle, combattendo non gli uni contro gli altri per un posto di privilegio nella società, ma gli uni a fianco degli altri per difenderci dagli assalti del male che genera odio, rancore e vendetta. Riguardo a Cristo – continua l’apostolo – a voi è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete visto sostenere e sapete che sostengo anche ora.

Sì! Sosteniamo la lotta contro il male, combattiamo la buona battaglia contro l’odio, schieriamoci contro ogni desiderio di rivendicazione nel nostro piccolo, nelle nostre comunità, mentre eleviamo a Dio l’invocazione per la pace in Terra Santa e per tutte le terre martoriate dalla guerra. Impegniamoci nel nostro piccolo a far crescere germogli d’amore, perché le nostre comunità siano giardini fioriti, irrigati da secoli dal sangue del nostro martire.

E tu, Beato Alessandro, continua a porti davanti a noi con il vessillo della vittoria, quella sul male e sulla morte, e dona alla terra bergamasca, come ad ogni nostra comunità, di essere quel giardino fiorito di pace. Te lo chiedo in modo particolare per queste comunità che ho servito con amore in questi anni, te lo chiedo in modo speciale per la comunità comendunese alla quale va ora il mio cuore e che si onora di averti, come me, quale glorioso patrono. Amen.