XXII del tempo ordinario B

1 settembre 2024

 

Labbra e cuore: quanta distanza intercorre tra le une e l’altro? Fisicamente pochi centimetri, ma interiormente potrebbe esserci un abisso. Spesso le nostre labbra proferiscono elogi e magnificenze, onori a non finire, complimenti che superano ogni aspettativa, ma il cuore? Il cuore e – aggiungiamo – la mente vano in tutt’altra direzione. Facciamo così con le persone e di conseguenza anche con il Signore. Capaci di fare buon viso e cattivo gioco, pronti ad elogiare in pubblico e ruffianare in privato, buoni a proferire panegirici e subito dopo muovere critiche, abili nel sorridere in faccia e molto di più a colpire alle spalle.

Se quelli si indignavano per non aver rispettato le tradizioni degli antichi, noi potremmo dire che la tradizione di onorare con le labbra e essere diametralmente all’opposto col cuore la stiamo rispettando, anzi possiamo dire che la stiamo tramandando, come tradizione vuole.

Pronti a muovere critiche per il tragitto variato di una processione, ci dimentichiamo di dare un senso a quella pratica religiosa, perché se il senso è quello di portare sulle spalle attraverso le nostre strade e tra le nostre case la figura di un santo o della Madonna, allora poco importa se il tragitto sia quello o un altro: conta di più il significato che vogliamo attribuire. Pronti a lodare il Signore con la lode attraverso la recita quotidiana dei salmi, ma chiuso il libro la nostra lingua parla a sproposito e con arroganza, come se le parole dei profeti che portano a chiedere perdono o a rendere grazie a Dio non ci avessero nemmeno sfiorati. Pronti a innalzare il nostro canto al Signore dalle prime file della chiesa, appena usciti, se non anche nello stesso momento, vomitiamo cattiverie che anche il Padre eterno preferisce tapparsi le orecchie. Però almeno potremo dire di aver rispettato la tradizione.

E se capissimo che tradizione significa tramandare innanzitutto quella fede che dà senso alle cose di sempre, ma anche a quelle nuove? Se comprendessimo che ciò che facciamo è a lode e gloria di Dio e non di noi stessi? E se comprendessimo che dal tramandare al tradire è un attimo, o per chi mastica il latino per tradizione, basta un accento per cambiare il significato, passando appunto dal tramandare al tradire?

Che senso ha tutto ciò che facciamo o che ci vantiamo di aver fatto? Se avessimo a cuore davvero il futuro della Chiesa, della cristianità, della comunità nella quale si incarna il Cristo, avremmo a cuore le tradizioni e non il tradire chi viene dopo di noi. Forse pensiamo che l’andare avanti con le cose di sempre sia un bene? Può esserlo certamente, ma allora perché al giorno d’oggi tutto sta scomparendo, ai ragazzi, come ai loro genitori, non interessa più quanto il Signore ci dice o le cose di una volta? Non è che sta venendo meno il senso di ciò che facciamo e anche il nuovo, il moderno – che spesso viene invocato come l’avanguardia – non abbiano nulla da dire? Allora non è questione di antico o nuovo, ma di senso, quello che ci manca ogni volta che compiamo una pratica religiosa o preghiamo pensando di essere graditi a Dio o lo esaltiamo con le nostre voci credendo di far piacere a chi, non si sa, se più al Signore o a noi stessi; tuttavia ogni volta che il nostro cuore e le nostre labbra non comunicano tra loro, o meglio, ogni volta che nel nostro cuore non abita Dio che dà senso a ciò che pensiamo e diciamo, allora potremo rispettare tutte le tradizioni o essere i più innovativi, ma non faremo nulla di buono, perché dove non c’è Dio, c’è solo un becero io, e dove c’è un striminzito io che pensa solo a se stesso con la scusa della tradizione non c’è Dio e quindi non c’è la Chiesa, non c’è il mondo, nessuno c’è da amare, ma solo qualcuno da criticare per sentirci migliori.

Se questa è la tradizione la stiamo rispettando benissimo; se è il domani, speriamo finisca oggi; se è il vangelo sicuramente non è quello di Gesù Cristo per il quale diciamo di fare tanto, ma in realtà stiamo facendo per noi stessi e per una gloria che oggi può sembrare e che domani finisce ai vermi.